Afghanistan: missile uccide alto esponente di Al Qaeda,
valanga travolge convoglio di aiuti
NEW YORK
«Al Qaeda non è stata distrutta e si prepara a colpire ancora, negli Stati Uniti e in altri paesi». Perciò la guerra continua, e sono ripresi anche i trasferimenti dei prigionieri dall'Afghanistan a Guantanamo, nella speranza di raccogliere informazioni per sventare altri complotti. George Tenet, direttore della Cia, si è presentato ieri al Congresso con questo avvertimento. Era la prima testimonianza in Parlamento dall'11 settembre, e doveva essere un processo al fallimento dell'intelligence, incapace di prevenire gli attacchi di Bin Laden. Ma Tenet si è difeso, dicendo che i servizi segreti hanno sventato diversi attentati prima e dopo l'estate, e avevano lanciato l'allarme per azioni terroristiche sul territorio americano. Purtroppo non avevano informazioni precise sugli obiettivi prima di vedere gli aerei che si schiantavano sulle Torri Gemelle e il Pentagono, «e nonostante tutti gli sforzi che possiamo fare, non avremo mai la certezza di prevenire tutto al cento per cento». La guerra al terrorismo, finora, ha fruttato circa mille arresti in 60 paesi diversi, e ieri l'Arabia Saudita ha ammesso che 15 dei 19 dirottatori erano suoi cittadini. Ma Osama e il mullah Omar sono spariti, e «i leader di Al Qaeda stanno riorganizzando l'attività fuori dall'Afghanistan». Vogliono tornare a colpire in maniera drammatica, e la lista degli obiettivi è lunga: si va dai siti olimpici di Salt Lake City, ai monumenti, agli edifici del potere e alle centrali nucleari degli Stati Uniti. Anche molti paesi stranieri sono nel mirino, per le loro strutture e gli interessi americani che ospitano. Al momento, secondo Tenet, Al Qaeda è pronta a colpire con mezzi convenzionali, ma aveva «un sofisticato programma per armi chimiche e biologiche», e sta cercando ancora di ottenere un ordigno atomico rudimentale come la «bomba sporca». I seguaci di Osama hanno appoggi in vari paesi, e quindi Washington potrebbe intervenire in posti come la Somalia, l'Indonesia e la Colombia per prevenire attacchi. In questo clima, la ripresa del trasferimento dei detenuti dall'Afghanistan a Guantanamo ha almeno due motivi: primo, mettere al sicuro i nemici più pericolosi; secondo, ottenere informazioni per sventare altri complotti. I voli sono ricominciati ieri, dopo una sosta decisa per migliorare le condizioni nella base cubana, e il presidente Bush dovrebbe decidere a breve se concedere ai detenuti la piena protezione della Convenzione di Ginevra. Intanto John Walker Lindh è apparso per la seconda volta davanti al tribunale della Virginia che dovrà processarlo, ma il giudice W. Curtis Sewell gli ha negato la libertà su cauzione dicendo che potrebbe scappare. L'accusa, per provare la sua pericolosità, ha detto che era stato addestrato da Al Qaeda e sapeva dei piani per l'11 settembre. Quindi il procuratore ha presentato alcuni messaggi e-mail spediti alla madre, in cui il taleban americano accusava Washington di aver organizzato gli attentati contro le ambasciate in Kenya e Tanzania, e invitava la mamma a trasferirsi a Londra perché gli Stati Uniti «non hanno mai fatto nulla di buono per nessuno». Il suo caso potrebbe non essere l'unico, perché il New York Times ha scoperto un altro possibile traditore. Si chiama Hiram Torres, viene dal New Jersey, e il suo nome stava in una lista di reclute di Al Qaeda trovata a Kabul. Una fonte non ufficiale ha rivelato che «un alto esponente di Al Qaeda» è stato ucciso da un missile in Afghanistan, dove ieri i militari americani hanno liberato 27 prigionieri catturati durante un raid lanciato il 23 gennaio nel villaggio di Khas Uruzgan. In quella operazione morirono 15 persone, ma erano alleati di Hamid Karzai e non dei taleban, e il nuovo premier ha rivelato che la Cia sta compensando i familiari delle vittime di un altro attacco sbagliato in precedenza. Ieri anche una valanga è venuta a complicare la distribuzione degli aiuti alla popolazione. Almeno 20 macchine sono rimaste intrappolate nel tunnel di Salang, 80 miglia a Nord di Kabul. Forse sono stati coinvolti mezzi della Croce Rossa e potrebbero esserci diversi morti, ma le condizioni del tempo bloccano i soccorsi.

Paolo Mastrolilli
La Stampa 07.02.2002